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Pesticidi e rischi per la salute Questione ulivi nel Salento

Per le precipue finalità statutarie di prevenzione oncologica primaria, questa Associazione, a livello nazionale riconosciuta come Ente Pubblico operante sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica e sotto la vigilanza del Ministero della Sanità, ritiene suo imprescindibile dovere richiamare l’attenzione pubblica e dei decisori istituzionali circa i rischi per la salute derivanti da emergenze ambientali di diversa origine che nel territorio si presentano.

Come per la questione del disseccamento rapido degli ulivi (Co.Di.Ro) nel Salento, sul cui tema nell’aprile 2015 LILT inviò alle Istituzioni regionali, nazionali e della Commissione Europea un documento circostanziato sulle gravi implicazioni sanitarie connesse all’adozione di determinate strategie fitosanitarie. L’evidenza scientifica di allerta si ripropone oggi, con più drammaticità, alla luce del recento decreto Martina e alla luce delle mutate caratteristiche epidemiologiche e delle mutate caratteristiche chimico-fisiche e tossicologiche della matrice suolo del Salento leccese.

Accreditati organismi quali OMS, UNEP e la Comunità Europea da tempo allertano sui pericoli derivanti dall’impiego delle sostanze pesticide, definite tossiche, persistenti, bioaccumulabili e negativamente impattanti sulle proprietà fisiche e chimiche dei suoli nonché estremamente nocive per la salute dell’intero ecosistema, dell’uomo e di qualunque altro organismo vivente.

Dallo studio GENEO sulla matrice suolo di 32 Comuni della provincia di Lecce condotto su aree neutre e appena concluso da LILT e da partner istituzionali quali la ASL LE, l’Università del Salento e la Provincia, sono emerse contaminazioni inaspettate (e che 9 anni fa la Provincia di Lecce non aveva rilevato) con livelli altamente critici per sostanze pericolose come l’Arsenico, il Berillio, il Vanadio.

I pesticidi, oltre alla cancerogenicità, rientrano nella attenzionata categoria degli interferenti o disturbatori endocrini (IE), responsabili di disturbi e di danni a carico della funzionalità del sistema endocrino, causanti effetti avversi sulla salute dell’organismo, della sua progenie o di una (sotto)popolazione. Gli effetti negativi non si esplicano solo sull’individuo esposto ma agiscono sulle stesse cellule germinali, determinando alterazioni che si trasmettono alle generazioni successive attraverso modificazioni di tipo epigenetico. Tutto questo è patrimonio scientifico divulgato nel volume Endocrine Disruptors 2013 a cura dell’OMS e dell’UNEP.

Ne discende agli Stati, da parte della comunità scientifica, l’indicazione urgente e rigorosa di adottare misure di prevenzione e di controllo circa gli IE perché correlati a patologie gravi e varie, quali i disordini riproduttivi femminili e maschili (infertilità), le anomalie congenite del sistema riproduttivo (ipospadia e criptorchidismo), i tumori della prostata, della mammella e dei testicoli, i disturbi dello sviluppo neuro-comportamentale e cognitivo (tra cui anche forme di autismo), i disordini metabolici (come l’obesità e il diabete di tipo II).

Il Parlamento Europeo, nella Direttiva 2009/128/CE, già definiva non sostenibile il modello di agricoltura attualmente dominante basato sull’utilizzo dei pesticidi, e invitava gli Stati membri ad informare la popolazione sui rischi e sugli effetti potenzialmente acuti e cronici per la salute umana imputabili a queste sostanze.

L’Italia – dove il consumo di pesticidi per ettaro è il più alto d’Europa con un valore pari al 33% del consumo di tutti gli Stati – in applicazione della suddetta Direttiva ha approvato il PAN DLgs. 14 agosto 2012 n°150 che si prefigge “di guidare, garantire e monitorare un processo di cambiamento delle pratiche di utilizzo dei prodotti fitosanitari verso forme caratterizzate da maggiore compatibilità e sostenibilità ambientale e sanitaria, con particolare riferimento alle pratiche agronomiche per la prevenzione e/o la soppressione di organismi nocivi” e “inoltre prevede soluzioni migliorative per ridurre l’impatto dei prodotti fitosanitari anche in aree extra agricole frequentate dalla popolazione, quali le aree urbane, le strade, le ferrovie, i giardini, le scuole, gli spazi ludici di pubblica frequentazione e tutte le loro aree a servizio”.

La decisione di ricorrere ai pesticidi per affrontare la sindrome del disseccamento rapido degli ulivi è assolutamente contraria alle indicazioni di salvaguardia della salute umana, del contenimento e della riduzione dei danni, del principio di precauzione. Il ricorso ai pesticidi disattende, in toto, le raccomandazioni degli organismi scientifici, pone deliberatamente le popolazioni a esposizioni chimiche dannose, pregiudica le generazioni future, compromette le matrici ambientali, concausa mutazioni epigenetiche.

Proprio per scongiurare tali danni certi LILT provinciale di Lecce presentò nel 2015 ricorso al TAR Lazio (che si riservò di formulare il proprio giudizio solo dopo le indicazioni dell’UE); ora, gli stessi rischi e gli stessi danni si profilano come conseguenze reali delle azioni di contrasto con ricorso a fitofarmaci neurotossici (neonicotinoidi).

Considerati i dati epidemiologici d’incidenza delle malattie, correlati con le progressive e sempre più dissennate modificazioni nelle condizioni di vita degli ecosistemi (inquinamento, sfruttamento, eccessi chimici), ulteriori quantitativi di pesticidi aggraverebbero il già compromesso profilo di salute della popolazione salentina e del suo territorio. Il rapporto LILT evidence based “Pesticidi e Salute – Profilo Sanitario della provincia di Lecce” del 2015 e, ogni anno aggiornato con i dati più recenti, disamina con rigore scientifico le ricerche e i risultati del panorama internazionale ancorandoli alla realtà epidemiologica e sanitaria locale. ISTAT, registri tumori, OER Puglia delineano la negativa evoluzione del trend di incidenza e di malattia oncologica e assegnano alla provincia di Lecce il primato negativo per incidenza di malattia oncologica al quale si aggiunge quello di alto consumo di pesticidi.

Adottare strategie a base di fitofarmaci per contrastare il disseccamento rapido degli ulivi è una decisione dalle conseguenze altamente impattanti in termini di valutazioni d’impatto ambientale e sanitario che l’epidemiologia dei prossimi decenni non mancherà purtroppo di registrare.

Le responsabilità di quanto potrà accadere sono e saranno tutte da rintracciare nelle esposizioni alle molecole di sintesi sparse per contrastare il batterio Xylella e nelle decisioni assunte da quegli Enti, Istituzioni e organismi che, noncuranti delle raccomandazioni ufficiali provenienti dalla ricerca scientifica, hanno scelto di far correre ugualmente i rischi e di compromettere lo stato di salute delle persone e dei loro luoghi di vita.

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