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Nonostante annunciate iniziative imprenditoriali l’ecomostro “Regina Pacis” di San Foca di Melendugno (Lecce) è ancora lì. Ora più che mai si proceda con l’abbattimento

Correva l’aprile 2010 quando lo “Sportello dei Diritti” con una pubblica denuncia chiedeva di ordinare la demolizione di quell’ecomostro noto a tutti con il sacro nome di “Regina Pacis” a San Foca, marina di Melendugno a Lecce, perchè da decenni vera e propria “saracinesca” sul mare ma anche per la sua storia tragica di Centro di Permanenza Temporanea per migranti ed ormai in stato di completo abbandono e decadenza.In quell’articolo si ricordava che la struttura non solo ostruiva la vista su una parte amena di litorale salentino, ma se ne ribadivano le ragioni dell’abbattimento anche per contribuire a rendere giustizia nei confronti di drammi e tragiche vicende umane, tristezza e dolore di migliaia di vite di migranti che non per loro volontà, da lì sono passate.A distanza di due anni e per la precisione nel luglio 2012, prendemmo posizione contro un’iniziativa imprenditoriale che avrebbe voluto trasformare quel “lager” in rovina, in albergo di lusso a 5 stelle, 214 posti letto in 50 camere più residenze turistiche, più piscina che lambisce la recinzione, più seminterrato, perchè ritenevamo che la scelta rappresentasse un’offesa che umiliava una memoria storica quasi a voler dimenticare con un “colpo di cemento” in più i gravi errori del passato, come quello di aver consentito l’esistenza e la permanenza sul proprio territorio di una sorta di “campo di concentramento” per migranti, colpevoli, solo di essere in uno stato di clandestinità.Sono passati altri due anni ed al di là degli annunci, delle promesse d’investimenti, delle proposte, quel “mostro” di cemento è ancora lì, in una condizione di completo e totale abbandono.Ma, rileva Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, noi non abbiamo dimenticato, e facendo seguito alle sollecitazioni di tanti cittadini ribadiamo, alla luce delle condizioni pessime in cui giace la struttura, fatiscente e pericolosa, come le fotografie che inoltriamo dimostrano, l’unica via maestra in casi come questi non può che essere il definitivo abbattimento.Troppe ragioni, infatti, tra cui un passato nefasto, ci spingono a ribadire l’accorato appello che rivolgemmo due anni or sono alla curia arcivescovile di Lecce nella persona di Sua Eccellenza Monsignor D’Ambrosio, dell’amministrazione comunale di Melendugno, in quella del sindaco Marco Potì, e alla famiglia Semeraro affinché, diano corso a questo giusto proposito.

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