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“Ridurre le presenze in carcere”, l’appello della Garante per i detenuti di Lecce

La Conferenza dei Garanti territoriali delle persone private della libertà personale ha deciso, nell’incontro del 12 novembre di inviare al parlamento italiano un Appello per ridurre il numero delle presenze in carcere, al fine di tutelare il diritto alla salute di detenuti e operatori penitenziari.

Il carcere è di per sé un luogo in cui il rischio della diffusione del covid-19 è molto alto: il fisiologico assembramento di un numero considerevole di persone in spazi ristretti non consente il rispetto del distanziamento fisico e delle misure di igiene indispensabili alla prevenzione del virus e contribuisce inevitabilmente ad accrescere il rischio di diffusione del contagio.

Dalle informazioni che emergono è evidente come nelle carceri italiane la situazione cominci a diventare seria ma non ancora allarmante. Accanto ad istituti in cui vi sono dei veri e propri focolai, in molte carceri i casi presenti sono pochi e si riferiscono a persone asintomatiche, sia tra il personale penitenziario che tra i detenuti, segno questo che le misure di prevenzione stanno ancora funzionando, se pur a fatica. I dati degli ultimi giorni mostrano, tuttavia, una tendenza verso un rapido e progressivo aumento dei casi. Si ripresenta perciò prepotentemente il tema della riduzione delle presenze insieme a quello della definizione, in tutti gli istituti, di spazi adeguati a una gestione efficace della prevenzione e dell’assistenza, cosa che finisce per contrarre inesorabilmente i già ristretti spazi destinati alla restante popolazione detenuta.

“Una significativa riduzione delle presenze in carcere -scrivono i Garanti nel loro Appello- contribuirebbe positivamente ad affrontare nel migliore dei modi la gestione sanitaria interna della prevenzione e dei focolai, favorendo migliori condizioni lavorative per gli operatori penitenziari e permettendo, ove possibile, la prosecuzione in condizioni di sicurezza, delle attività lavorative e formative, di istruzione, culturali o sportive.”

I garanti fanno perciò appello alla Magistratura perché eviti arresti e misure cautelari in carcere, quando non strettamente indispensabili; perché favorisca licenze straordinarie ai semiliberi, ai lavoranti all’esterno e a coloro che usufruiscono abitualmente di permessi; perché conceda la detenzione domiciliare ai detenuti in fine pena.

Nel carcere di Lecce la situazione non è al momento preoccupante: dai controlli sono emersi sette agenti positivi, tutti appartenenti al Nucleo traduzioni, tra i detenuti invece non risulta alcun positivo. La Direzione continua a fare il possibile di facilitare i contatti con l’esterno almeno fino a quando ciò sarà possibile, utilizzando tutte le modalità comunicativa a disposizione e con ogni mezzo, cercando, anche se a fatica, di non far ricadere il carcere nell’isolamento.

I problemi del carcere sono tanti e non tutti evidenti a coloro che non ne hanno esperienza diretta, che nel carcere non sono mai entrati, a nessun titolo, e che non vogliono vedere. “Il carcere, -mi scrive la Direttrice dott.ssa Russo- da sempre e non solo in tempo di covid, è fatto da problemi sociali che altri preferiscono non risolvere perché scarsamente coinvolgenti sotto il profilo della strategia politica, ma vi assicuro che ciò che incombe sulle coscienze di noi direttori sono il disagio psichico, una tutela della salute mentale inadeguata, persone senza fissa dimora, poveri ed ancora tossicodipendenti, che si preferisce lasciare in terapia metadonica piuttosto che progettare per loro una vita migliore e libera.”

Purtroppo le disposizioni del DAP hanno limitato al massimo la presenza dei volontari, costringendo alla chiusura delle attività laboratoriali. Le attività scolastiche, invece, proseguite in presenza anche dopo l’ordinanza del presidente Emiliano e precauzionalmente sospese dopo la rilevazione dei casi di positività al Covid tra gli agenti di polizia penitenziaria, si svolgono al momento regolarmente in presenza. I detenuti che lavorano sulla base dell’art.21 continuano regolarmente ad uscire per lavorare all’esterno (due presso il comune di Caprarica, uno presso il comune di Lequile, uno presso l’Olivetti, uno presso l’ex convitto Palmieri, quattro presso la Procura della repubblica, due presso datori di lavoro privati). L’ufficio matricola ha compilato d’ufficio le istanze di detenzione domiciliare per tutti i detenuti, circa cinquanta, che hanno i requisiti richiesti dall’ultimo decreto”.

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