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“Tumore Ovarico, manteniamoci informate!”

Arriva a Bari la campagna per accendere i riflettori sulla malattia e le nuove opportunità di cura

Fa tappa a Bari la campagna “Tumore Ovarico, manteniamoci informate!”, promossa da Fondazione AIOM insieme ad ACTO Onlus, LOTO Onlus, Mai più sole e aBRCAdabra con il sostegno incondizionato di GSK. L’iniziativa è nata per aumentare la consapevolezza sul carcinoma ovarico e valorizzare le nuove opportunità delle terapie di mantenimento per tutte le donne, con o senza mutazione genetica.

Sul sito www.manteniamociinformate.it le informazioni sul tumore ovarico, le terapie e i 6 video-racconti che illustrano momenti di straordinaria quotidianità di due donne affette da tumore ovarico, una con mutazione BRCA l’altra con forma non mutata di malattia, narrati dal volto e dalla voce di

Claudia Gerini, testimonial della campagna.

Comincia il suo viaggio la campagna “Tumore Ovarico, manteniamoci informate!” con la sua prima tappa in Puglia, dove sono circa 300 i nuovi casi di tumore ovarico ogni anno (Registri Tumori) e sono circa 5.000 le pazienti che convivono con la malattia.

La campagna, promossa da Fondazione AIOM insieme ad ACTO Onlus, LOTO Onlus, Mai più sole e aBRCAdabra con il sostegno incondizionato di GSK, ha come obiettivo quello di invitare le donne e le pazienti a “mantenersi informate” proprio perché oggi sul fronte del tumore ovarico sono molte le cose da sapere e le novità da conoscere: in primo luogo i progressi della ricerca e delle terapie, che stanno migliorando sopravvivenza e qualità di vita, ma anche i test molecolari, che permettono alle pazienti di accedere al trattamento più appropriato per il proprio tipo di tumore.

Insieme agli eventi territoriali, che vedono la partecipazione degli specialisti e delle pazienti, la campagna informativa fa leva su una serie di attività online e social e sui 6 video-racconti disponibili sul sito web www.manteniamociinformate.it e sui profili Facebook e Instagram della campagna. I video-racconti portano all’attenzione dello spettatore frammenti straordinari di vita legati all’esperienza delle protagoniste, Sara e Monica, interpretate da Laura Mazzi e Francesca Della Ragione: due donne diverse per carattere, stile di vita e interessi ma che affrontano la stessa malattia, il tumore ovarico. Monica presenta una mutazione genetica di tipo BRCA1, Sara ha una forma non mutata di malattia. I video-racconti sono diretti da Paola Pessot e narrati dal volto e dalla voce della testimonial d’eccezione Claudia Gerini.

In Italia ogni anno oltre 5.200 donne ricevono una diagnosi di tumore ovarico e a causa di sintomi aspecifici o non riconosciuti, in circa l’80% dei casi la malattia viene diagnosticata in fase già avanzata. Oggi però lo scenario è in evoluzione e una delle novità più importanti di questi anni è la possibilità per tutte le pazienti di accedere alle terapie di mantenimento, che permettono di allontanare le ricadute dopo chemioterapia e che si sono dimostrate efficaci su questa neoplasia.

«Lo scenario è in evoluzione – dichiara Stefania Gori, Presidente Fondazione AIOM e Direttore Dipartimento Oncologico IRCCS Sacro Cuore Don Calabri, Negrar – uno dei progressi più importanti è la possibilità di utilizzare, in fase di mantenimento dopo la chemioterapia, terapie orali con i PARP inibitori, che hanno aumentato in modo significativo la possibilità di prolungare il tempo libero da progressione di malattia nelle donne con mutazione BRCA. Finalmente adesso i PARP inibitori possono essere utilizzati anche nelle pazienti “senza” mutazione BRCA, che rappresentano ben il 75% del totale e che fino a poco tempo fa avevano poche alternative terapeutiche. Tali farmaci possono essere utilizzati dopo una prima linea di chemioterapia oppure al momento della recidiva di tumore, dopo altre linee di chemioterapia. Purtroppo, ancora oggi, 3 pazienti su 4 senza mutazione BRCA (Wild Type) in recidiva non sono in terapia di mantenimento con un PARP inibitore o non lo ricevono in modo tempestivo ma sicuramente questo dato tenderà a migliorare nel tempo».

La diagnosi precoce per il carcinoma ovarico non esiste ancora e le uniche due armi per contrastare la malattia da subito sono la conoscenza e cure appropriate.

«La diagnosi precoce del tumore ovarico è il principale obiettivo e speranza di noi clinici, perché più di due terzi delle pazienti vengono diagnosticate in fase avanzata, quando le possibilità di cura ovviamente  si riducono notevolmente – spiega Gennaro Cormio, Professore Ordinario di Ginecologia e Ostetriciadell’Università degli Studi di Bari – quindi, il ruolo della diagnosi precoce è basilare ma purtroppo ad oggi non abbiamo a disposizione test e strumenti accurati, sensibili e specifici. Ad oggi abbiamo solo nelle pazienti portatrici di mutazione del gene BRCA 1 e 2 la possibilità di fare una chirurgia profilattica. Il tumore si manifesta con sintomi estremamente aspecifici come il senso di peso addominale, dispepsia, fastidi della funzione vescicale e proprio per questa ragione la diagnosi è quasi sempre tardiva. Fondamentale il controllo ginecologico annuale anche se i dati di diversi studi hanno rivelato che la sola valutazione clinica non è sufficiente per arrivare ad una diagnosi precoce, che potrebbe consentire la guarigione della malattia. Il test genetico che si fa solo in presenza di una diagnosi di tumore ovarico è estremamente importante sia per orientare l’appropriatezza del percorso clinico e la scelta terapeutica sia perché consente di identificare i parenti che, pur essendo sani, sono a rischio, fino al 50%, di sviluppare un tumore dell’ovaio o altri tumori BRCA correlati per i quali possiamo applicare le procedure di chirurgia profilattica».

Per poter creare cultura nella popolazione sul tumore ovarico e le nuove terapie è di fondamentale importanza l’alleanza tra comunità scientifica, Associazioni di pazienti e il mondo farmaceutico.

«Noi crediamo molto nell’educazione, nella prevenzione, che significa fare cultura, creare consapevolezza nelle persone per far sì che momenti a volte ineluttabili della propria esistenza, come può essere una malattia oncologica, vengano visti, scoperti, diagnosticati per tempo – conclude Sabrina de Camillis, Head of Government Affairs & Communications, GSK – un’azienda come la nostra può fare molto ma ha bisogno di costruire delle partnership: con le Associazioni di pazienti in primis ma anche con chi ha le competenze e la credibilità scientifica e sociale, come la Fondazione AIOM. La campagna è in linea con la nostra filosofia, il nostro approccio. In più è innovativa, guarda ai potenziali fruitori attraverso modelli comunicativi e linguaggi diversi che non escludono nessuno: dalla teenager alla signora di una certa età e perché no, ai maschi, mariti e compagni. Per questo abbiamo deciso di partecipare e di essere l’unica azienda a supportare questa iniziativa».

La voce delle Associazioni

Annamaria Leone, Fondatrice e Presidente ACTO Bari

«La diagnosi precoce è fondamentale nel tumore ovarico ma purtroppo non realizzabile per la mancanza di screening specifici. Conoscere la malattia, essere attente ai segnali d’allarme è l’unico modo per arrivare prima che sia troppo tardi. La diagnosi precoce potrebbe consentire un più efficace approccio terapeutico, una migliore risposta ai farmaci, una maggiore sopravvivenza e una migliore qualità della vita, che vengono messi a rischio quando la diagnosi arriva tardivamente e il carcinoma ovarico è già in III o IV stadio. L’orientamento è verso una diagnosi tempestiva che consiste nel riconoscere certi segni e sintomi e rivolgersi subito al ginecologo che attraverso una visita clinica e un’ecografia transvaginale potrà eventualmente intercettare la malattia. Il secondo step è costituito dagli esami del sangue con il dosaggio dei marcatori tumorali, cui seguono, a seconda del caso, una TAC e/o una risonanza magnetica per capire se, quanto e dove si è diffuso il tumore. Altrettanto importante per la paziente è eseguire il test genetico per accertare la presenza o meno della mutazione del gene BRCA che, se presente, può orientare le terapie e permettere la sorveglianza dei componenti familiari della donna».

Lilli Laudadio; Referente aBRCAdaBRA

«Per la donna che riceve una diagnosi di carcinoma ovarico è molto importante a un certo punto del percorso diagnostico sapere se si tratta di una forma di tumore ovarico con mutazione del gene BRCA 1 o 2 o di una forma di tumore ovarico senza mutazione, non solo perché può orientare tutto il percorso clinico e aprire ai nuovi farmaci come i PARP-inibitori ma per le ricadute sul nucleo familiare. Il 30% dei tumori ovarici come sappiamo è ereditario e la mutazione BRCA aumenta moltissimo il rischio di sviluppare un tumore della mammella, un tumore dell’ovaio ma anche altri tipi di tumore. Sapere che una paziente è portatrice della mutazione permette di fare screening sull’intera famiglia e di mantenere una stretta sorveglianza attiva sui componenti femminili e maschili, attuando così una prevenzione primaria con la chirurgia profilattica».   

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