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ARNALDO MICCOLI AL CASTELLO CARLO V DI LECCE

Da sabato la mostra antologica del pittore di Cavallino
rientrato in Italia dopo oltre 30 anni trascorsi negli Stati Uniti. .

Sabato 8 settembre 2012, alle ore 18, presso il Castello Carlo V di Lecce, sarà inaugurata la Mostra antologica del pittore Arnaldo Miccoli ‘Corsi e per…corsi’, che riassume il percorso artistico dell’artista attraverso le sue opere ed i suoi dipinti. La mostra, patrocinata dalla Città di Lecce e dalla Provincia di Lecce, resterà aperta fino al 30 settembre 2012.

Arnaldo Miccoli è nato a Cavallino. Diplomato all’Istituto d’Arte ‘Pellegrino’ di Lecce, ha frequentato l’Accademia di Belle Arti e l’Università Cattolica degli Studi Sociali di Roma, prima di trasferirsi negli U.S.A nel 1965 dove per alcuni anni ha svolto attività di insegnante e pittore. Rientrato in Italia nel 1973 si è stabilito a Roma e ha presentato le sue opere in numerose mostre in Italia e all’estero. E’ tornato in U.S.A. due anni dopo per dedicarsi esclusivamente alla pittura tenendo mostre personali e collettive in varie città americane ed in Europa. Ha trascorso nuovamente un paio di anni in Italia, a Montecatini Terme, e nel 1981 è tornato definitivamente negli Stati Uniti per stabilirsi con la famiglia a Tenafly nel Neww Jersey, dove ha operato con studio in Sunset Lane. Le sue opere figurano in collezioni pubbliche e private in Europa e negli U.S.A. Da circa quattro anni risiede a Cavallino dove vive ed opera in via San Cesario.
Hanno scritto di lui Virgilio Guzzi, Toti Carpentieri, Ernesto Alvino, Alberico Sala, Riccardo Barletta, Mario De Marco, Franco Silvestri, Vittorio Sgarbi.

“”Non è un caso che la modalità pittorica che caratterizza Arnaldo Miccoli – scriveva Toti Carpentieri nel 1983 – si concretizzi e si determini secondo percorsi zigzaganti legati non solo all’alternanza dei momenti quant’anche alla consistenza reale del luogo. Ed è così che deve intendersi e leggersi la contemporanea presenza di due culture nella sua pittura, tra filiazioni ed evidenze mitteleuropee e successivi condizionamenti americani, in una sorta di rimpasto continuo delle regole del gioco. Si comprendono, allora, le radici da cui Miccoli parte e quel suo discorso all’interno dell’attualità della figurazione, secondo procedimenti che danno ai personaggi connotazioni differenti e sempre nuove. Le figure in tal modo filtrano attraverso un occhio
espressionista che le conduce nello spazio della rivisitazione, oltre la singolarità del loro manifestarsi in un confronto con la storia e/o con la tangibilità delle altre presenze, mettendo in luce progressivamente quello che ci appare essere il messaggio nascosto…””

“”…La letteratura critica che ha preso in esame la ricerca di Arnaldo Miccoli – scriveva Alberico Sala nel 1988 – ha proposto molte insegne, dall’espressionismo primordiale al
Novecento, dalla metafisica ad una ruvida e robusta versione della secessione. Miccoli è artista colto e riflessivo, era naturale che attraversasse il campo degli <> del suo tempo, ma senza farsi contagiare a freddo, assumendo stimoli e suggerimenti per una sempre più piena espressione del proprio mondo. Emerge evidente lungo la sua ricerca , una costante intellettuale e spirituale che nutre la tensione surreale di certi suoi dipinti. Non intendono staccarsi da un impegno realistico, anzi suggeriscono un approfondimento ed una denuncia….”.

“”…Se per altri la ‘scoperta’ del ‘primitivismo’ è stata un percorso affannoso e forzato alla ricerca di lidi incontaminati, più immaginati e reinventati che realmente individuati – scriveva Vittorio Sgarbi nel 1999 – per Miccoli si ha l’impressione che l’analoga operazione abbia comportato sforzi molto meno impegnativi; gli è bastato guardarsi intorno, gli è bastato odorare la terra fragrante e la l’aria satura del suo Salento, registrare le facce e i costumi di chi in esso abita da tempo immemorabile, gli è bastato guardarsi dentro per verificare come queste presenze ataviche determinassero in modo ineludibile il suo immaginario e l’indole primitivista è sorta spontanea. E’ stato semmai più difficile trasformare questa matrice espressiva in qualcosa di comunicativamente meno legato alla sfera particolare dell’autore, dunque in un linguaggio universale capace di rivolgersi, così come la pittura di Miccoli dichiara, anche a chi del Salento non sa e magari non vuole nemmeno sapere niente. E qui il discorso artistico di Miccoli compie la sua evoluzione probabilmente più significativa e pregnante, con un processo che perviene al conseguimento di una cifra del tutto originale, pur arricchendosi di motivi formali, anche assai eterogenei tra loro. E’ anche quasi sorprendente osservare come Miccoli riesca ad equilibrare, senza eccessive acrobazie, le diverse inclinazioni stilistiche che di volta in volta ha attraversato e confrontato con il proprio primitivismo originario, quello che abbiamo connotato in relazione agli anni della formazione romana e alla discendenza salentina, facendo leva su un elevato senso della creazione ‘equilibrata’ che non può non rimandare a Gentilini…””.

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