header photo

ingrandisci il testo rimpicciolisci il testo testo normale feed RSS Feed

D’Ambrosio, Mantovano: è l’ultimo tragico caso di una serie che va interrotta

Per una singolare coincidenza, la tragica morte del consigliere Loris D’Ambrosio accade lo stesso giorno della pubblicazione della lettera di una delle più importanti imprenditrici italiane, Marina Berlusconi. Sono troppi gli elementi comuni alle due vicende, pur nella diversità delle storie e dei profili professionali: l’assenza di una qualsiasi formale contestazione di reato, l’essere stati entrambi ascoltati dalla stessa Procura quali persone informate sui fatti, l’essere tale ascolto coinciso per entrambi con una assurda e non occasionale esposizione mediatica. Quest’ultima è stata grave almeno sotto tre aspetti: quello della propalazione di notizie parziali e frammentate, tali da rendere complicata qualsiasi replica; quello dell’aver pubblicizzato giorno e ora della convocazione da parte dei p.m., peraltro costringendo ad andare a Palermo, e quindi aumentando l’esposizione; quello dell’affiancamento nelle medesime pagine di giornale o nei medesimi servizi di tg delle immagini di due potenziali testimoni, ciascuno più che stimato nel settore di propria competenza, alle immagini di boss mafiosi. E se il terzo aspetto è un effetto collaterale delle modalità di indagine, i primi due hanno costituito una scelta deliberata dei p.m. di Palermo, in contrasto con norme processuali e deontologiche. Per il rispetto dovuto al consigliere D’Ambrosio, la polemica scatenata dopo la sua morte non può scadere a pro o contro le intercettazioni, o peggio ad accuse di omicidio. Può e deve elevarsi a considerazioni di sistema: il collaboratore del Capo dello Stato, come la presidente di Mediaset, sono gli ultimi esempi in ordine di tempo di persone oneste, professionisti, funzionari, mandate nel doloso schiacciasassi del processo a mezzo media. Esige l’intervento del Parlamento: prima ancora che nella modifica delle intercettazioni, in una giustizia disciplinare vera, da ridisegnare. Esige un moto di dignità da parte di tutti quei magistrati che, proprio perché lavorano con impegno, sono chiamati a dissociarsi dai loro colleghi che prima imbastiscono immondi giudizi mediatici, e poi vanno in vacanza (retribuita) ai Caraibi, senza preoccuparsi di seguire le loro “indagini” nelle fasi del giudizio.  

Nessun Commento

Sia i commenti che i trackback sono disabilitati.


Vuoi essere il primo a lasciare un commento per questo articolo? Utilizza il modulo sotto..

Spiacente, i commenti sono chiusi.