9 Apr 2021
Digitalizzazione e umanizzazione in home care, ecco i modelli italiani per far fronte alla pandemia delle malattie croniche
Gli specialisti: «Gli applicativi gestionali devono semplificare il lavoro del medico
di medicina generale abbattendo i carichi burocratici e semplificandogli il lavoro».
9 Aprile 2021 – Il periodo emergenziale che il mondo sta vivendo ha evidenziato la necessità che il
Servizio sanitario nazionale e regionale abbia una rete vera che sia in grado di mettere a sistema
l’interdisciplinarietà fra tutti gli attori che intervengono nel percorso di cura e di prevenzione del
malato cronico, ciò al fine di predisporre un equilibrato rapporto tra medico, strutture sanitarie ed
ospedali che abbia come obiettivo la salute del paziente e cittadino.
Il futuro del Sistema sanitario nazionale passa dall’home care quale diritto costituzionale del
cittadino, che va oltre l’assistenza domiciliare integrata e deve fornire terapie complesse e una
attività di medicina di iniziativa. Digitalizzazione e umanizzazione si coniugano all’interno di un
modello organizzativo basato sui principi di ‘flessibilità’ e di ‘prossimità’, in grado di sfruttare a
pieno le potenzialità della tecnologia per assicurare l’assistenza alle persone anche a distanza, in
una relazione costante tra operatore sanitario e paziente.
In una regione come la Puglia, che conta 1 milione e 600mila malati cronici (il 40% degli assistiti)
e un consumo procapite/annuo di 1.500 euro (l’80% delle risorse sanitarie) per un totale di euro
2.549.260.471), sono nati modelli di lotta alla cronicità che durante la pandemia sono stati in
grado di restare accanto al paziente cronico e non lasciarlo solo.
Questi i temi del quinto appuntamento dell’Academy di alta formazione di MOTORE SANITÀ
TECH realizzato grazie al contributo di ENGINEERING, dal titolo ‘HOME CARE. Modelli sociosanitari di resilienza territoriale, l’innovazione cambia il rapporto sanità-paziente: piattaforme
tecnologiche, IA e Blockchain’.
Il progetto Diomedee dell’ASL di Foggia è una applicazione non “chiusa” ma una componente
applicativa di un sistema informatico complesso incardinato su un Clinical data repository
standard, in cui i blocchi funzionali del sistema informativo e gli operatori che li utilizzano sono
distribuiti nello spazio.
“I suoi obiettivi – spiega Tommaso Petrosillo, Dirigente Responsabile Sistemi Informativi e TLC –
sono offrire un percorso assistenziale razionale e aderente alle linee guida nazionali e locali;
favorire l’aderenza al followup da parte del paziente cronico rendendo i servizi assistenziali più
facilmente fruibili nel territorio di residenza, evitare la mobilità dei pazienti cronici e il ricorso al
ricovero ospedaliero inappropriato. Il sistema progettato associa l’utilizzo di app e strumenti
digitali di uso comune e gratuiti, come Skype e WhatsApp, a quello di una cartella clinica
informatizzata, con la quale gli operatori possono monitorare e condividere tutti i parametri clinici
del paziente, compresa la terapia farmacologica in atto, rilevati da apparecchiature elettromedicali
in uso al paziente. Gli ulteriori sviluppi riguarderanno il monitoraggio a distanze dei pazienti
oncologici e dei pazienti in carico al dipartimento di salute mentale, il monitoraggio a distanza
delle pazienti nel percorso nascita e l’APP Mo’Mamma, il monitoraggio distanza dei pazienti in
carico al servizio di diabetologia ed endocrinologia”.
A seguito della pandemia la ASL Foggia ha accelerato il processo di digitalizzazione e ha rimodulato
il “Progetto Diomedee” ampliandolo e adattandolo alle sopraggiunte esigenze collegate
all’emergenza Covid-19, rispondendo così alla necessità di monitorare a distanza i pazienti positivi,
asintomatici, in isolamento domiciliare in casa o presso le strutture residenziali territoriali.
Il progetto Care Puglia 3.0 è il modello regionale per la presa in carico delle cronicità.
“E’ una proposta di presa in carico del paziente cronico in termini di valutazione del bisogno di
ciascun assistito e relativa offerta dei servizi, e una modalità attraverso la quale viene data
attuazione dei percorsi terapeutici (PDTA) con un’alta attenzione sull’individuo affetto da patologia
cronica attraverso la possibilità di personalizzare i PDTA di riferimento in Piano di assistenza
individuale (PAI) – ha spiegato Pierluigi De Paolis, Medico di Medicina Generale -.
L’implementazione di modelli di presa in carico si impernia sui medici di assistenza primaria nelle
loro forme organizzative, nonché sulla riorganizzazione della rete dei servizi territoriali. Gli obiettivi
di questo modello sono: assicurare continuità nella zona di cura delle malattie croniche,
programmazione del percorso, la presa in carico proattiva ed empowerment del paziente;
interventi di prevenzione primaria (modifica degli stili di vita insalubri) e secondaria (diagnostica
precoce); obiettivi di cura del Piano Nazionale cronicità quali miglioramento del quadro clinico e
dello stato funzionale, minimizzazione della sintomatologia, prevenzione della disabilità,
miglioramento della qualità della vita”.
Ma non solo. Secondo Pier Camillo Pavesi, Medico Cardiologo, “bisogna pensare ad applicativi
gestionali in cui la telemedicina sia parte integrante, che siano finalizzati a semplificare il lavoro
del medico di medicina generale abbattendo i carichi burocratici e semplificandogli il lavoro, per
esempio attraverso l’integrazione con i CUP. I nuovi applicativi di gestione del paziente nel post
Covid non potranno prescindere da una parte di telemedicina ma soprattutto devono avere dei
sistemi di usabilità e di ergonomia integrati con la comunicazione a distanza con il paziente”.
Digitalizzazione però vuol dire porre maggiore attenzione al valore del dato clinico del paziente.
L’utilizzazione delle nuove tecnologie dovranno rispondere a questo e altri principi.
“Prima di tutto scegliere con accuratezza il fornitore è fondamentale, e il fornitore deve fornire una
valutazione del rischio sul sistema informatico che si va a implementare – ha spiegato Simona
Custer, Avvocato, Senior Associate A&A Studio Legale -. Anche la formazione è fondamentale
rispetto a coloro che troveranno a maneggiare i nuovi sistemi poiché devono sapere come
funzionano e quali sono le cautele da tenere in considerazione; i sistemi peraltro devono essere
strutturati in modo da consentire l’accesso ai dati ai soli soggetti autorizzati a farlo, quindi sarà
importante individuare chi sono i medici o gli infermieri, per esempio. La formazione del personale
è fondamentale dunque circa l’uso dei software e della strumentazione sui principi di protezione
del dato e della sua conservazione. Tutte queste informazioni devono anche essere rese note agli
interessati: i pazienti prima del trattamento devono essere informati con un linguaggio semplice e
chiaro sul trattamento e sui sistemi coinvolti. Invece, rispetto alle misure di sicurezza da adottare
per garantire la tutela del dato, c’è al momento un vuoto normativo. Il consiglio – conclude
l’avvocato – è prendere spunto e visionare le linee guida sul fascicolo sanitario elettronico che
fornisce le misure di sicurezza utili, sperando che prima o poi si faccia chiarezza e ci siano sempre
più indicazioni per poter gestire al meglio tutti i processi del trattamento dei dati”.