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Diminuiscono i consumi di energia elettrica nel Salento

Nel 2011 «prelevati» dalla Rete 1.316 giga watt

 Diminuiscono i consumi di energia elettrica nel Salento. Nel corso del 2011, sono stati «prelevati» dalla Rete 1.316 giga watt (un giga watt equivale ad un miliardo di watt).

A rilevarlo è l’Osservatorio economico di Confartigianato Imprese Lecce, in base ai dati Terna, società proprietaria della Rete di trasmissione nazionale di energia elettrica con oltre 63mila chilometri di linee in alta tensione su tutto il territorio nazionale.

Il consumo è diminuito dello 0,57 per cento rispetto al 2010 (1.324 giga watt).

«I consumi di energia elettrica – commenta Corrado Brigante, presidente di Confartigianato Imprese Lecce – sono diminuiti anche a causa di un arretramento complessivo dell’economia salentina. Le imprese del manifatturiero, in particolare, soffrono la recessione e probabilmente riducono eventuali sprechi, oltre alla contrazione degli ordini e delle commesse».

La provincia di Lecce si colloca, così, all’82° posto in Italia nella dinamica dei consumi. In Puglia è fanalino di coda ed in controtendenza rispetto alle altre province che registrano tutte valori positivi.

In termini assoluti, però, il Salento occupa il quarto posto. E’ preceduta, infatti, da Taranto, con un consumo di ben 6.331 Gw (al primo posto in Italia nella variazione percentuale 2010-2011);poi Bari (2.682 Gw) e Brindisi (1.527,5 Gw). Seguono, dopo Lecce, Foggia (1.248 Gw) e Barletta-Andria-Trani (657 Gw).

La regione Puglia ha consumato, dunque, 13.763 Gw e registra un’impennata dei consumi del 9,21 per cento rispetto al 2010 (12.603 Gw). Una percentuale piuttosto alta, tant’è che si colloca al primo posto in Italia nel confronto tra il 2010 e il 2011. Ci sono, dopo, il Friuli (più 3,4 per cento) e la Calabria (2,5 per cento).

In valori assoluti, la Puglia è preceduta solo dalla Lombardia (53mila Gw consumati) e dal Veneto (23mila). Seguono l’Emilia Romagna (20mila), il Piemonte (19mila), il Lazio e la Toscana (15mila).

I consumi sono cresciuti maggiormente al Sud (più 2,8 per cento) rispetto al Nord (appena l’uno per cento in più), mentre è in controtendenza il Centro (meno 0,6).

In Italia, i consumi di energia elettrica delle imprese del settore manifatturiero, costruzione e terziario ammontano a 233.286 Gw, con un aumento del 1,2 per cento rispetto all’anno precedente.

Tale crescita è stata trainata dalla ripresa, seppur lenta, dei consumi del settore manifatturiero di base (siderurgica, metalli non ferrosi, chimica, materiali da costruzione e cartaria) che sono saliti del 1,6 per cento. Mentre il settore delle produzioni non di base (alimentare, tessile, abbigliamento e calzature, meccanica, mezzi di trasporto, plastica e gomma, legno e mobilio ed altre manifatture) registra un calo dei consumi dell’1,2 per cento. A conferma della persistente crisi nel settore, si registra il calo più consistente nelle costruzioni pari ad un tasso negativo del 6,4 per cento.

La bolletta elettrica, in Italia, è sensibilmente più costosa rispetto a quella pagata dai competitori europei. Il costo medio  dell’elettricità (al netto di iva) per le imprese italiane è di 16,44 euro ogni cento chilowattora contro un prezzo di 12,12 euro ogni cento chilowattora per una impresa dell’area dell’Eurozona. Il divario è pari a 4,32 euro ogni cento chilowattora.

Il Salento ha un gap di 57 milioni di euro, ma «paga» un differenziale meno elevato rispetto alle altre province. La provincia italiana in cui si registra il differenziale più elevato del costo dell’energia elettrica pagato dalle imprese rispetto alla media europea è Milano con un gap di 555 milioni di euro, pari al 5,5 per cento del divario totale registrato in Italia. Segue Brescia con un gap di 467 milioni di euro, Roma (447 milioni), Torino (343 milioni), Bergamo (293 milioni), Taranto (273,5 milioni pari al 2,7 per cento del divario totale), Vicenza (212 milioni), Verona (210 milioni), Napoli (208 milioni) e Udine (195). Nel complesso le prime dieci province registrano circa un terzo (31,8 per cento) del divario totale e le prime venti sopportano quasi la metà (48 per cento) il divario del costo dell’energia elettrica registrato dal totale delle imprese italiane.

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