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Ictus: “Indispensabile prevenzione primaria dei fattori di rischio quanto tempestiva e corretta diagnosi di patologie correlate”

– La Stroke Alliance for Europe (SAFE) ha stimato come, già nel 2017, l’impatto
economico dell’ictus nell’Unione europea ammontasse a 60 miliardi di euro, con un fortissimo
sbilanciamento dei costi a favore di ospedalizzazioni d’emergenza, trattamenti in acuzie e
riabilitazione, e potrebbe arrivare a 86 miliardi di euro nel 2040. In Italia l’ictus è oggi la prima causa
di disabilità, con un elevato livello di perdita di autonomia e un progressivo percorso di spesa per
cure riabilitative ed assistenza con un carico economico gravoso sui pazienti ed i propri familiari. La
combinazione di questi fattori rende indispensabile un’azione decisa verso la prevenzione
dell’insorgenza dell’ictus, che intervenga tanto sui fattori di rischio quanto sulla tempestiva e
corretta diagnosi di patologie correlate all’ictus. Di questo si è parlato durante il webinar ‘Strategie
sanitarie di prevenzione dell’ictus: come ottimizzare la prevenzione per una popolazione più sana.
Focus Sud’, organizzato da Motore Sanità in collaborazione con Cattaneo Zanetto & Co, e realizzato
grazie al contributo incondizionato di Bristol Myers Squibb e Pfizer.
Queste le parole di Valeria Caso, Dirigente Medico presso la S.C. di Medicina Interna e Vascolare –
Stroke Unit, Membro del Direttivo della World Stroke Organisation e dell’Osservatorio Ictus Italia
“L’ictus cerebrale, nel nostro Paese, rappresenta la terza causa di morte, dopo le malattie
cardiovascolari e le neoplasie. Quasi 150.000 italiani ne vengono colpiti ogni anno e la metà dei
superstiti rimane con problemi di disabilità anche grave. Inoltre, il costante invecchiamento
demografico potrebbe inoltre alimentare un incremento dell’incidenza del 30% tra il 2015 ed il 2035
per cui è importante investire sull’implementazione delle cure e la prevenzione anche per evitare che
il sistema non regga. Informare sull’impatto economico dell’ictus (nell’UE 45 miliardi di euro nel
2016), con un fortissimo sbilanciamento dei costi a favore di ospedalizzazioni d’emergenza,
trattamenti in acuzie e riabilitazione. Il carico economico risulta inoltre particolarmente gravoso
anche sui pazienti e i propri familiari: in Italia l’ictus è oggi la prima causa di disabilità, con un elevato
livello di perdita di autonomia e un progressivo percorso di spesa per cure riabilitative e assistenza.
Importante intervenire sulla prevenzione primaria dei fattori di rischio e sulla tempestiva e corretta
diagnosi di patologie correlate all’ictus, come ricorda il report pubblicato dall’Economist Intelligence
Unit, una ricerca sulle politiche e gli investimenti nella prevenzione dell’ictus, comprese le risorse per
le campagne di sensibilizzazione, educazione della popolazione e di screening. Per comprendere
meglio le differenze organizzative a livello europeo, la ricerca è stata condotta in cinque paesi:
Francia, Germania, Italia, Spagna e Regno Unito. La ricerca è basata su un sondaggio di 250
stakeholders europei che includono associazioni dei pazienti colpiti da ictus, politici e sanitari
coinvolti nella prevenzione. Il report è stato revisionato a livello italiano da me. Le istituzioni possono
incidere con un lavoro su quattro ambiti: 1 – sensibilizzazione sui fattori di rischio dello stroke e la
loro possibile gestione per informare correttamente la popolazione. Ad esempio, la fibrillazione
atriale, a cui diversi studi riconducono circa il 25% dei casi di ictus, ancora troppo frequentemente
viene diagnosticata solo all’insorgere dell’evento cardiovascolare maggiore. 2 – potenziamento delle
figure professionali del mondo sanitario, (istituzione dell’infermiere di famiglia, impegno per i medici
di medicina generale). 3 – promuovere l’implementazione delle linee guida cliniche per la prevenzione
dell’ictus, aumentando la comunicazione sulle best practices, evidenziando gli interventi chiave come
la gestione della pressione sanguigna e altre azioni preventive e assicurando l’accesso alle terapie.
4 – sostegno per le tecnologie digitali, garantendo la disponibilità e l’accesso per operatori sanitari e
pazienti, da un lato con maggiori investimenti e dall’altro con modalità di utilizzo definite”.
“In Italia vi è la necessità di promuovere un programma di prevenzione primaria dell’ictus che adotti
una strategia attiva di screening, in modo simile a quanto, ad esempio, è stato fatto nelle patologie
oncologiche. A partire dai 40 anni di età ogni singolo individuo dovrebbe poter accedere ad una
valutazione del proprio rischio cerebrovascolare (fattori di rischio individuali, familiarità, stili di vita)
ed essere sottoposto periodicamente (ogni 1- 3 anni) ad alcuni semplici esami diagnostici: un
ecodoppler dei tronchi sopraortici, un ECG, una valutazione dei polsi periferici arteriosi, la rilevazione
della pressione arteriosa. Le ricadute sarebbero immediate, individuando subito i soggetti ad alto
rischio per TIA o Ictus, ma anche nel favorire una maggior consapevolezza per l’adozione di
comportamenti salutari. Il costo dello screening sarebbe sicuramente ripagato dalla possibilità di
ridurre l’incidenza di ricoveri per ictus acuto e per le devastanti conseguenze nei pazienti che vi
sopravvivono”, ha spiegato Giuseppe Rinaldi, Responsabile Neurologia e Stroke Unit dell’Ospedale
Di Venere di Carbonara Bari
“Le strategie per migliorare la prevenzione dell’ictus devono prevedere un coinvolgimento dei
professionisti specifici del settore (medici, infermieri, farmacisti) che devono supportare,
sensibilizzare i politici affinché’ impieghino, in modo mirato ed epidemiologicamente corretto, le
risorse economiche per diffondere le corrette pratiche di prevenzione dell’ictus. A tal proposito è
auspicabile una sinergia tra professionisti e le associazioni dei pazienti che conferisce maggiore
valenza nei rapporti con la politica. Un ulteriore momento, che può radicare nella società la
diffusione della cultura della prevenzione, è il coinvolgimento degli alunni nelle scuole con lezioni di
educazione sanitaria programmate a seconda dell’ordine ed il grado”, ha sostenuto Leonardo
Barbarini, Direttore f.f. Neurologia Stroke Unit P.O. “V. Fazzi” Lecce
“Tutte le statistiche concordano sul fatto che l’ictus cerebrale rappresenti una delle malattie più
frequenti collegata ad un ragguardevole rischio di morte e disabilità. È la seconda causa di morte nei
Paesi occidentali e una delle prime cause di disabilità nelle persone adulte. I fattori di rischio lo
collocano in stretta relazione con il complesso delle malattie cardiovascolari della parte neurologica.
Nel proprio piccolo, A.L.I.Ce. Puglia è impegnata da circa 20 anni nella lotta all’ictus cerebrale con
numerose campagne di informazione e sensibilizzazione, screening gratuiti nelle piazze, iniziative
rivolte alla popolazione atte a persuadere sulla consapevolezza del rischio. Ben vengano, dunque,
iniziative del genere che portano a rendere edotta la popolazione sui reali rischi e consiglino come
prevenire le malattie al fine di vivere una vita più sana”, ha detto Michele Bovino, Presidente
Regionale A.L.I.Ce. Puglia

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