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RIFORMA DELLE CAMERE DI COMMERCIO

UNA PERDITA CERTA PER LE PICCOLE E MEDIE IMPRESE

E NESSUN VANTAGGIO PER LA SPESA PUBBLICA

Secondo ESC – Ecosistema camerale, al contrario, si determinerà una forte perdita in competenze e professionalità, un danno per le PMI e ulteriore disoccupazione


Forte preoccupazione e sconcerto in esito alle indiscrezioni sul contenuto del decreto attuativo della riforma delle Camere di commercio (legge n.124/2015), che – secondo le fonti stampa – dovrebbe essere discusso la prossima settimana dal Consiglio dei Ministri. A quanto si apprende, gli Enti camerali sarebbero  immotivatamente privati di funzioni che svolgono da decenni con competenza a favore dei territori, fra le quali, ad esempio quelle promozionali con gravi ripercussioni sui sistemi locali e sull’occupazione. Una umiliazione ingiustificata, prima che una disposizione normativa perché alla perdita di alcune funzioni che possono essere superate dalle nuove necessità delle imprese non corrispondono rilanci e nuove deleghe. Stiamo parlando, quindi, di una forte compressione delle potenzialità di un Sistema composto da una forza lavoro qualificata che ha più volte dimostrato di essere in grado di dare molto al Paese.

Se così fosse, secondo ESC sarebbe, dunque, necessario che il decreto di attuazione della delega venga immediatamente riformulato.
Appare difficile comprendere i presupposti tecnici, economici, giuridici sulla base dei quali il Governo ha deciso di smontare, pezzo per pezzo, una parte di Pubblica Amministrazione innovativa ed efficiente – come ampiamente dimostrato da numerosi studi ed evidenze -, senza che ciò si traduca in un vantaggio per tutto il Sistema imprenditoriale, non solo quello rappresentato, al cui servizio operano le Camere di commercio.
L’ipotesi, poi, che vi possano essere effetti negativi pesantissimi sui livelli occupazionali è inconcepibile ed irricevibile. ESC stima che, sotto questo profilo, sono a rischio 3.500 – 4.000 posti di lavoro e sottolinea che il patrimonio di professionalità pubbliche e private delle Camere di commercio non può essere disperso nelle pieghe di un provvedimento che non ha finalità costruttive e non serve alle imprese. Non vi è, infatti, alcun nesso di causa – effetto fra la riforma del Sistema camerale italiano e il beneficio che ne trarrebbe l’economia.

Si ricorderà che il D.L. n.90/2014, convertito in legge n.114/2014, ha imposto un taglio progressivo del diritto annuale, tributo che le aziende versano alle Camere di commercio per l’iscrizione obbligatoria al Registro delle imprese, fino al 50% nel 2017. La riduzione, che per le imprese sta comportando un risparmio esiguo, è intervenuta senza che fossero ridefinite le funzioni degli Enti camerali. Ciò ha determinato una sempre più evidente impossibilità di far fronte alle tantissime esigenze di supporto dei territori, ma nessun vantaggio per il mondo imprenditoriale. Le Camere che non raggiungono il numero minimo di 75.000 imprese iscritte, hanno dovuto inoltre avviare, in ottemperanza alla legge di riforma, processi di accorpamento, spesso forzosi che non produrranno risparmi per lo Stato né benefici economici per le attività imprenditoriali. Per inciso, le Camere di commercio non gravano sulla spesa pubblica, anzi, fra l’altro, versano all’Erario i risparmi conseguiti dall’applicazione della spending review.

www.ecosistemacamerale.it

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