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Vino e bibita di vino. Come complicare le cose semplici

La proposta dell’Unione europea (1) per aggiungere acqua nel vino per azzerare o abbassare il suo tasso alcolico è surreale. Dovrebbe aprire nuovi mercati.
Le levate di scudi sono ovunque. Ma anche aperture perché si sa che “pecunia non olet”: tra questi nuovi mercati ci sarebbero i Paesi arabi dove l’alcool è vietato per legge. La raffinatezza dell’odore del vino viene sostituita con l’odore dei soldi.

Proposta surreale
L’esempio dell’arancia. A parte il frutto, è un prodotto che, sostanzialmente, viene commercializzato come aranciata, succo, spremuta e marmellata.
La nostra uva, a parte il frutto in grappolo, viene commercializzata in succo, marmellata e vino. Per quest’ultimo (fermentato con alcol minimo per legge), che ci sarebbe di strano se lo si chiamasse in altro modo tipo – per sintetizzare – “bibita di vino” (la fantasia dei nomi, anche per poco alcolico o analcolico, potrebbe sbizzarrirsi)?
Perché questo non accade? Un impatto mediatico per dare il gusto ad un qualche sceicco arabo, spesso solo pubblicamente dedito alla sharia?
Non è servita la lezione dell’influenza e del condizionamento del petrolio di questi signori nei nostri costumi e della nostra economia? Dobbiamo farci influenzare e condizionare anche per il vino? Proprio ora che abbiamo una diffusa coscienza e iniziativa che di loro (grazie alle energie alternative) ne possiamo anche fare a meno?
Qualcuno chiamerebbe burro una margarina?

1 – PAC (Politica agricola comune) che entrerà in vigore da gennaio 2023

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